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Quando la Musica è tutta la Vita – Augusto Mazzoni – 1993

ANTONIO GIACOMETTI: QUANDO LA MUSICA E’ TUTTA LA VITA

di Augusto Mazzoni

“Anche al di là delle montagne ci sono persone che vivono.
Sii modesto! Ancora non hai inventato niente o pensato nulla
che non abbiano già inventato o pensato altri prima di te.
E, se così invece fosse, lo dovresti considerare come un dono
del Cielo, che devi condividere con gli altri.”
Robert Schumann

Spesso il germe della musica si radica profondamente nell’uomo. Quando ineludibile urge l’intenzionalità artistica, l’attività creativa cessa di essere puro mestiere e diviene impulso primario e totale. Non più nudo lavoro di artigianato, ma neanche mero strumento di affermazione professionale, la composizione investe allora motivazioni globali, che aprono orizzonti e sposano interessi sempre più ricchi. Antonio Giacometti vive la musica in questa dimensione che, pur libera da vacui intendimenti poetici, alimenta indissolubili nessi fra arte e cultura, fra creatività e ricerca, fra passione e tensioni ideali.

Non solo compositore, non solo musicista, ma personalità intellettuale fervida e poliedrica, Giacometti ha deciso di non chiudersi in un isolato recinto di azione. Anzi, in forza dell’impegno che lo anima, egli tende spontaneamente ad aprire confronto e dialogo, a recepire e suscitare istanze di cultura. In lui si uniscono pertanto competenze musicologico-analitiche e didattiche che vanno a integrarsi alla vena strettamente compositiva, interagendo insieme in un’intensa rete di attività. Lo spirito autenticamente musicale si incarna altresì nelle iniziative di natura saggistica (la pubblicazione, per esempio, di Linguaggi e forme per inventare: una propedeutica alla composizione con proposte di applicazione didattica), si trasfonde nella cura estrema dell’insegnamento e suscita quella passione che sola sa far crescere nuovi germogli di entusiasmo.

Ma, certo, questo desiderio inappagato di ricerca incide anche sulle tendenze compositive e in modo diretto. Il filo del comporre infatti si incontra sempre con altri fili e forma trame complesse, trame che si alimentano dell’intreccio più fitto di esperienze (Trame e percorsi si intitola appunto un CD che raccoglie alcune tra le sue opere più significative). Terminato l’apprendistato quale studente, Giacometti ha percorso le vie dello strutturalismo contemporaneo: un’esperienza che ne ha forgiato tecnica e stile, ma che lo ha visto, parimenti, meditare e riconsiderare principi e assunti fondamentali. L’affermazione che l’elaborazione musicale ai nostri giorni debba essere essenzialmente un atto speculativo trova sì adesione convinta, ma ad essa finiscono per correlarsi altre precise esigenze. Alla logica costruttiva si abbina l’attenta ricerca di una espressività diffusa, la tutela dell’intelligibilità dell’opera, la salvaguardia delle esigenze dell’ascoltatore cui si intendono offrire chiari punti di riferimento.

Già nei primi brani di Giacometti sembra affiorare qualcosa che vuole trascendere la lezione delle avanguardie. La spinta verso diversi orizzonti si fa presto più determinata, fino a manifestarsi apertamente con Dernière lettre per flauto e pianoforte (1986), in cui la chiusa su un frammento tratto da un Lied di Hugo Wolf costituisce lo sbocco del tutto naturale per un impulso divenuto ormai cosciente: il richiamo linguistico come indizio percettivo e come cifra stilistica.

Dallo strutturalismo lo sguardo compositivo di Giacometti si orienta costantemente altrove, cercando tra le pieghe di altri linguaggi o puntando l’interesse su problemi specifici. Discende sicuramente da una sensibilità acuta per il tema del movimento il tentativo reiterato di ricomporre una motricità del sonoro, quasi riorganizzando in termini musicali gestualità mimiche e schemi ideomotori.

Talora, invece, i richiami riguardano strutture di derivazione culturale individuata, tecniche che nell’ultimo periodo denotano un’esplicita volontà di indagine nei confronti delle civiltà extraoccidentali (ritmica africana e polinesiana, gamelan balinese, tala e raga indiani). Motricità e connotazione “etnica” (ma senza concedere nulla all’esotismo) trovano peraltro una stretta unione, come mostra African birds per due flauti e pianoforte (1997).

Stratificazione di significati, diversità di origine del materiale, pluralità di contesti: di ciò si nutre sempre più l’opera di Giacometti. In Riti di passaggio per dieci strumenti (1993) i diversi idiomi si trasfondono in una viva forma musicale, dove tutto concorre a una strutturazione concreta e la mera interruzione puntillistica scandisce solamente parentesi episodiche. La realizzazione di una fusione di modi compositivi ed espressivi prosegue poi con la serie dei quattro lavori intitolati Syncretic landscapes (1997-99).

Idealmente legato alla “lucidità visionaria” di uno Schumann e affascinato dalle ricerche linguistiche bartokiane, fra gli autori più recenti Giacometti non ama invero dichiarare figure di riferimento, tranne forse quelle di György Ligeti e di Luciano Berio. Per il resto, inclinazioni e tendenze poetiche rispecchiano, in una sintesi assolutamente originale, quella dovizia di spunti quale ci si deve attendere da un’indole così ricca e complessa.

Caratteristiche spiccatamente personali sono una proficua e assidua collaborazione con lavori teatrali e mimico-gestuali e l’aperta predilezione a saggiare i timbri e le sonorità della chitarra in una ampia esplorazione di tecniche e articolazioni. Attraverso questo strumento Giacometti ha intrapreso i primi attivi contatti con la musica: nulla di strano che ad esso abbia dedicato buona parte della sua attività compositiva, con brani solistici come la Sonata (1987), L’estasi del moto (1989), European dream in a South Pacific summer (1992) o … e giunse l’alba di un mondo improbabile (1998), ma anche brani per due chitarre come Nocturne géométrique (1981) o, più in generale, in svariati gruppi cameristici.

*Augusto Mazzoni è laureato in filosofia e in lettere moderne e diplomato in clarinetto e in composizione (indirizzo sperimentale di musicologia). Collabora con numerose riviste musicologiche e filosofiche ed è curatore di “De Musica”, annuario on-line dell’Università statale di Milano.