MUSICA CONTEMPORANEA PER GIOVANI FLAUTISTI
Due parole su una recente pubblicazione di Antonio Giacometti”
di Alfredo De Ninno
Ricordo bene il mio primo insegnante di Flauto, il quale amava ripetermi con pazienza e intensità: “Gli studi sono una palestra, sono dei condensati di difficoltà tecniche tratte dalla musica vera”. Ne deducevo allora, come oggi, almeno due cose:
primo, gli studi non sono musica “vera”; secondo, gli studi sono più difficili della musica “vera”.
In una seconda fase, lo stesso insegnante, venuto a contatto con la didattica del nord Europa, mi spiegò con la stessa amabilità e pazienza che anche attraverso lo studio della musica “vera” era possibile affrontare le difficoltà tecniche dello strumento e che anticamente, anzi, ci si appropriava della tecnica semplicemente suonando il repertorio.
Da allora molte cose sono cambiate ed anche in Italia ha cominciato a diffondersi l’idea che sia possibile imparare a suonare uno strumento suonando almeno tanta musica “vera” quanti studi.
Il primo merito della raccolta MIKA, otto quadri per tre flauti, del compositore bresciano Antonio Giacometti (ed. Kookaburra, Parma, 1999, Lit. 23.000) è proprio quello di contribuire alla letteratura didattica per flauto traverso con una suite di brani che trae dalla finalità didattica l’occasione per la realizzazione di un progetto musicale complesso ed ambizioso, che mette insieme letteratura e immagini, le più recenti tecniche flautistiche e interessanti “proposte di riflessione analitica”. La musica s’inserisce allora in un contesto espressivo vasto, arricchito di parole e di immagini, così come d’altra parte tutte le pubblicazioni della collana Zirli, nella quale Mika è inserito (“Abbiamo voluto creare uno spazio per partiture che nascessero dall’incontro di diverse modalità espressive. (…) La presenza contemporanea di più linguaggi tende all’espansione in più direzioni, alla completezza e all’unità dell’espressione artistica”, avvertono gli editori).
Si tratta quindi di musica “vera”, che tiene però conto della particolare destinazione.
L’intero progetto è ispirato al libro di Jostein Gaarder C’è nessuno? (edizioni Salani, Firenze) ed è indirizzato ad allievi-bambini del secondo-terzo corso o ad un primo-secondo corso delle Scuole medie ad indirizzo musicale; ogni quadro ha un titolo (Il cielo; Il giardino; La casa…etc.) ed è accompagnato da una citazione dal libro, dalle bellissime illustrazioni di Eva Feudo Shoo e da una proposta di riflessione analitica sulla musica appena suonata, stimolata attraverso brevi e calibrate domande.
Questa pubblicazione permette al giovane studente di flauto di cimentarsi, fin dai primi anni di studio, con un linguaggio musicale contemporaneo, con la sua notazione e le sue tecniche; ma, come nelle composizioni “didattiche” di Bartók o Hindemith, negli otto quadri di Mika la semplicità che caratterizza la scrittura non va a scapito della capacità espressiva, ne diviene anzi una risorsa. L’uso di colpi di chiave, glissati di quarti di tono, frullati, gesti suono e di suoni cantati (suoni che vengono contemporaneamente cantati e suonati con lo strumento) rendono “…l’esperienza del suonare più ricca, completa e lontana dai luoghi comuni dell’ascolto e dello studio strumentale tradizionali”.
E a proposito dei suoni cantati e suonati contemporaneamente, abbiamo qui un buon esempio di fusione fra esigenze espressive e finalità didattiche: l’effetto che si ottiene cantando in un flauto è piuttosto conosciuto, probabilmente più per merito dei Jethro Tull che per le sperimentazioni del novecento; la finalità didattica è molto interessante ed stata attentamente studiata e diffusa dal flautista e compositore statunitense Robert Dick. Cantando e suonando contemporaneamente lo stesso suono, la gola dello strumentista assume la forma ideale per favorire una piena risonanza di tutti gli armonici; suonando solamente, ma con la gola atteggiata come se cantasse, il suono dello strumento avrà una qualità ottimale. Questa tecnica, chiamata “throat tuning”, è stata sviluppata e sistematizzata da Robert Dick e abbondantemente utilizzata nelle sue belle Flying Lessons, Six Contemporary Concert Etudes.
Infine, ma non meno importante, la possibilità di trasformare gli otto quadri in una “micro opera”, coinvolgendo magari i compagni di classe o l’intera scuola, rende l’intero progetto capace non solo di offrire un’esperienza musicale particolarmente significativa, ma l’occasione per realizzare una produzione artistica di assoluto spessore.
Brescia Musica N° 70, febbraio 2000, pag. 15