A. Giacometti
“LINGUAGGI E FORME PER INVENTARE”
Rugginenti, Milano 1999, pp.168
di Paolo Quarantelli
L’autore stesso presenta il breve volume come un primo tentativo di sintesi della riflessione compiuta intorno al proprio ruolo di docente, con tutte le problematiche e le sfide che questo ruolo comporta.
Le innovazioni ed il cammino di ricerca che si stanno producendo nell’ambito dello studio e della didattica della composizione costituiscono quindi il fertile campo nel quale si va ad inserire il lavoro di Antonio Giacometti, lavoro che risulta essere quindi sfruttabile sia dagli allievi della Scuola di didattica della musica, che dagli insegnanti delle Scuole medie ad indirizzo musicale.
Metodologicamente viene proposto un approccio basato sull’integrazione dei tre momenti fondamentali della creazione musicale quello ideativo-elaborativo, i presupposti analitici, e quello pratico-operativo. E’ ovvio che la pratica del linguaggio, la sua conoscenza da un punto di vista analitico e la sua invenzione dovrebbero crescere in modo interdipendente al fine di produrre risultati soddisfacenti; il tutto senza dimenticare una finalità orientata verso una realistica dimensione performativa.
Il volume si snoda in sei capitoli, dei quali i primi tre costituiscono un cammino di crescente complessità all’interno di sistemi musicali tra loro compatibili. Dal sistema pentafonico, eletto come sistema di partenza nell’ambito di questo iter a motivo della sua estrema manipolabilità e della sua elasticità combinatoria, ci si muove verso la modalità e quindi al sistema armonico totale, ampliando progressivamente l’organizzazione dei materiali sonori e di conseguenza l’esperienza uditiva. Tutto il percorso è guidato da una costante attenzione dell’autore a motivare le tappe ponendo l’attenzione “al perché, al come, e in che ambito si scrive musica”. Un’attenzione rivolta quindi all’interiorizzazione, all’acquisizione di consapevolezza dell’intero processo compositivo, in particolar modo alla produzione di senso ed alla destinazione d’uso; la possibilità di finalizzare l’esercizio alla comprensione del valore simbolico, e quindi di senso, del materiale sonoro, risulta essere evidentemente di fondamentale importanza nello sviluppo di una intelligenza musicale in grado di vivere in modo soddisfacente e significativo il rapporto con la creazione.
Gli ultimi tre capitoli offrono invece una serie di modelli e di tecniche compositive applicabili ai sistemi musicali precedentemente indagati, direzionando l’attenzione sulle questioni riguardanti la strumentazione, i processi di integrazione linguistica e la scelta della tecnica compositiva più idonea.
Particolare rilievo viene dato nell’ultimo capitolo al Minimalismo, che sembra essere la situazione “più idonea alla produzione di eventi musicali didatticamente spendibili e realizzabili entro i confini dei sistemi linguistici affrontati nel corso dei capitoli precedenti”, in grado di fornire stimoli per una personale ricerca creativa e didattica. Dopo una breve parentesi storica, atta ad inquadrare le origini e le motivazioni della corrente minimalista, viene affrontata la tecnica, postulata nei semplici principi di ripetizione e di minima variante e finalizzata alla realizzazione di effetti di accelerazione-rallentamento-stasi o tensione-rilassamento, il tutto partendo dall’analisi di alcune tra le composizioni dei piu significativi autori.
La potenzialità didattica intravista nella tecnica minimalista parte dalla considerazione che il principio della ripetizione, e della ripetizione variata, costituisce uno degli strumenti privilegiati nell’appremìdimento infantile: la manipolazione ripetitiva è l’esplorazione prima della materia sonora. Anche l’ambito delle relazioni interdiscipliniari può essere ben coltivato all’interno dell’approccio minimalista, dati gli evidenti rapporti con la danza ed il mimo, nonché con la visual art.
Linguaggi e forme per inventare si presenta quindi, soprattutto, come offerta di possibili percorsi didattici: strumento messo nelle mani degli insegnanti proprio perché nato da un’intelligente riflessione dell’esperienza dell’autore.
da “L’erbaMusicA” , anno 11 numero 41/42
gennaio-giugno 2001